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ONELIFE #33 – Italian

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BEN AINSLIE Per molte

BEN AINSLIE Per molte persone Ben Ainslie è il velista di maggiore successo nella storia delle Olimpiadi, avendo vinto 4 medaglie d’oro consecutivamente ai giochi di Sydney e Londra, passando da Atene e Pechino. Ha anche vinto un argento ai suoi primi giochi ad Atlanta, ma non vogliamo parlare di quello. Ha vinto ben 11 Campionati mondiali di vela ed è stato nominato World Sailor of the Year per quattro volte (un record). A riconoscimento del suo talento velistico ha ricevuto il titolo di Cavaliere e di Ufficiale e Comandante dell’Impero britannico. Dunque sì, sono dozzine i premi e i riconoscimenti e le parole a lui dedicate, ma se vi dicessi che questa superstar dello sport conserva le sue varie medaglie nella vecchia trousse da trucco di sua moglie, e i suoi tanti trofei in una scatola in cantina, e che non ricorda l’ultima volta che ha ricevuto un’onorificenza, allora vi offrirei un profilo più completo e accurato di Ben, l’uomo che ho imparato a chiamare “mio marito”. Nel mio ruolo di giornalista sportiva ho intervistato molti sportivi, uomini e donne, nel corso della mia carriera, ed esiste un comune denominatore che li unisce tutti: non è il desiderio di vincere a spingerli (o a spingere Ben nello specifico), ma è la paura di perdere. Anche mio marito è determinato in tal senso. Il prossimo anno parteciperà alla più grossa sfida della sua carriera: cercherà di portare a casa il più vecchio trofeo velistico del mondo, l’America’s Cup, insieme al suo vecchio team Land Rover BAR. Si rende conto che è una vera sfida. Nessun team britannico è stato in grado di vincere la Coppa nei suoi 165 anni di storia. Le chance che un nuovo team sottragga il premio ai suoi defender dell’Oracle Team USA sono effettivamente scarse, ma d’altra parte parliamo di Ben e la parola “sconfitta” non fa parte del suo vocabolario. Lasciate che vi racconti cosa successe all’ultima edizione dell’America’s Cup, per come l’ho vissuta io. Ai tempi della Coppa dell’estate del 2013, Ben ed io ci vedevamo da solo pochi mesi. Io vivevo a New York e lavoravo per Fox Sports, mentre Ben era a San Francisco al timone dell’imbarcazione B per Oracle Team USA. Non è una persona particolarmente riservata e le telefonate e le visite fra uno Stato e l’altro vertevano spesso su come gestire al meglio la situazione in cui si trovava. Stava chiaramente faticando ad accettare che la sua incredibile carriera olimpionica stesse volgendo al termine e che avesse un ruolo di secondo piano accanto a Jimmy Spithill, skipper di Oracle. Era in panchina e la cosa non gli andava giù. Poi la gara ebbe inizio e le cose peggiorarono ulteriormente per il team americano. Con uno svantaggio di cinque punti, a Larry Ellison sembrò di averne viste abbastanza e decise le sostituzioni. Ben mi chiamò per dirmi che era sull’imbarcazione da competizione. Dopodiché cominciò quello che viene oggi descritto come una delle più grandi rimonte sportive di tutti i tempi, mentre Oracle passò da uno svantaggio di 1-8 a vincere l’America’s Cup per 9-8. La decisione di Larry Ellison di far gareggiare Ben cambiò così entrambe le nostre vite. Dovemmo pensare rapidamente mentre le offerte cominciarono “DI RECENTE, MENTRE a fioccare. Ci stavamo LO STAVO BATTENDO godendo la nostra esperienza in America, A PING PONG, NOTAI lontano dai flash dei media CHE IL SUO UMORE inglesi, e la nostra relazione procedeva bene, ma PEGGIORÒ DI COLPO” eravamo ancora agli inizi e il mio lavoro negli USA GEORGIE AINSLIE cresceva d’importanza. Forse dovrei dire che pensammo molto a lungo a cosa era meglio fare, ma la verità fu più semplice. Fummo fortunati. Volevamo entrambi le stesse cose: stare insieme, mettere radici, farci una famiglia e poter determinare il nostro futuro. Ritornare in Gran Bretagna e costituire la Land Rover BAR sarebbe stato molto più difficile che incassare un grosso assegno e rimanere negli States, ma per noi era la cosa giusta da fare. Ed eccoci un paio d’anni più tardi a Portsmouth, mentre ci prepariamo a combattere contro il team che rese tutto questo possibile, Oracle Team USA, alla 35esima edizione dell’America’s Cup. Solo nello sport sono possibili storie come questa, e ovviamente la favola potrebbe soltanto concludersi con la vittoria della Coppa. Guardando gli sforzi di Ben mi rendo conto di quanto sia cresciuto in tutto questo processo. Non è una cosa facile e so che si è dovuto adattare molto, dal suo ruolo di velista indipendente che doveva concentrarsi solo su se stesso a quello di team builder, player e leader che gestisce un’attività di più di 140 persone. La 30

FOTO JACK BROCKWAY/HIJACK gente ha spesso fatto commenti sul suo personaggio da Dottor Jekyll e Mister Hyde, il fiero concorrente sull’acqua e l’umile gentiluomo fuori dall’acqua, ma credo che con il passare del tempo e con il crescere della sua autostima le due identità si siano avvicinate molto. L’animo da contendente è sempre presente. La settimana scorsa, mentre eravamo in vacanza, durante una partita di ping pong in cui lo battevo con un certo distacco, notai che il suo umore peggiorò di colpo. Era rosso dalla rabbia, alzava gli occhi al cielo, e nonostante mi assicurasse che la possibilità che sua moglie vincesse una stupida partita di ping pong non gli procurasse alcun problema, la sua faccia al match point esprimeva il contrario. Da parte mia ho imparato a convivere con i lati più complessi del suo carattere e ad amarli. Non si arriva a fare quello che ha realizzato Ben da persona comune, e non sempre sostenerlo è facile. Quando a novembre saliremo a bordo dell’aereo che ci porterà alle Bermuda, trasferendoci in una nuova casa e in un nuovo Paese per la terza volta in altrettanti anni, il contrasto fra il periodo in cui Ben vinse la 34esima edizione dell’America’s Cup e ora ché proverà a vincere la 35esima non potrebbe essere più grande. Questa volta avrà una moglie, nostra figlia Bellatrix e i nostri due cani Biggles e Ginger. Mi piace sperare che la sua famiglia lo farà sentire calmo e gli darà fiducia quando le cose diventeranno più difficili, il che succederà certamente con l’avvicinarsi della Coppa. Nulla può distrarre la mente quanto un neonato che ha bisogno di coccole o un’escursione in pagaia in compagnia di un bassotto, ma sarebbe ingenuo da parte mia pensare che la vela non occuperà la sua testa 24 ore su 24. Quando Ben ha un momento di tempo libero si chiude nel suo studio, chiude la porta e riguarda le gare passate più e più volte, per cercare di capire cosa avrebbe potuto fare diversamente, meglio. A volte siede alla sua scrivania per ora analizzando, valutando e rimuginando su come potrebbe vincere. Nei giorni in cui sembra che porti sulle spalle il peso del mondo lo chiamo scherzando “Atlas”, ed è vero che, con così tante persone che si aspettano così tanto da lui, è facile passare la notte a pensare come poter renderle felici. Mi chiedono spesso se mi preoccupo quando lo vedo gareggiare, ma la risposta è sempre la stessa: mai. Se mi chiedessero se mi preoccupasse vederlo perdere, beh… quella sarebbe tutta un’altra storia. In senso orario partendendo dal basso: Ainslie con l’America’s Cup dopo la vittoria del 2013; Ben, Georgie e la nuova arrivata Bellatrix; una rara immagine di Ainslie vincitore dell’argento 31