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ONELIFE #33 – Italian

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Land Rover steht für höchste Allradkompetenz, umfassenden Komfort und anspruchsvolle Technik. Diesem Geländewagen ist kein Weg zu weit und keine Aufgabe zu schwer – getreu dem Slogan „Above and Beyond“. ONELIFE vermittelt Land Rover-Kunden genau dieses Gefühl von Abenteuer und Freiheit.

Un‘immagine di George

Un‘immagine di George e Olly alla guida del loro kayak modificato 18

GREENLAND LEG 1 Knighton Bay Iceland 180 miles LEG 2 Iceland coastal hop 380 miles ICELAND DEVIL’S DANCEFLOOR FAROE ISLANDS LEG 3 Iceland Faroe Islands 270 miles LEG 4 Faroe Islands transit 70 miles N A V I G A T O R LEG 5 Faroe Islands North Rona 160 miles LEG 6 North Rona Cape Wrath 50 miles NORTH RONA SCOTLAND Cominciai a pagaiare quando avevo sette anni e in mare mi sono sempre sentito a casa mia, anche in condizioni difficili. Ma questo progetto andava oltre tutto quello che avevo mai fatto prima d’allora. Nella prima tratta dalla Groenlandia all’Islanda andò tutto come previsto. Dovemmo attraversare più di 45 miglia di blocchi di ghiaccio prima di raggiungere la costa. Avemmo poi la fortuna di trovare delle condizioni meteorologiche che ci permisero di attraversare 138 miglia in mare in 40 ore. Con 24 ore di luce solare al giorno, il giorno e la notte non esistevano. Cambiava solo il tempo: bello o brutto. E perciò attendevamo il momento giusto, quello in cui, aprendo la finestra, avremmo capito che eravamo pronti per ripartire e farci “un ballo” sulla pista del Diavolo. Attraversare il Devil’s Dancefloor dall’Islanda alle Isole Faroe si è rivelato un compito difficile, come era prevedibile. Dal momento che si tratta di una traversata oceanica, avremmo dovuto trascorrere sei giorni e sei notti nel kayak, e anche in questo caso le cose sarebbero state ampiamente dipendenti dalle condizioni meteorologiche, che sarebbero dovute essere ottimali per l’intera tratta. Arrivò finalmente una buona opportunità e partimmo, ma dopo 36 ore in mare venimmo travolti da un cambiamento inatteso del tempo e dovemmo urgentemente trovare un modo per ritornare in Islanda. Avemmo la fortuna di incrociarci con un peschereccio di passaggio, che ci portò indietro. Di nuovo al sicuro potemmo riposare, ma non per molto: una settimana dopo ci ritrovammo di nuovo a ballare con il Diavolo e, dopo quattro giorni e quattro notti in mare, riuscimmo finalmente ad attraversare la tratta e ad arrivare alle Isole Faroe. Questo arcipelago mistico diventò la nostra dimora per tre settimane, mentre restavamo in attesa di nuovo che Madre Natura tornasse dalla nostra. Dopo un’altra falsa partenza, sembrò finalmente accontentarci e, con le barbe lunghe e una profonda stanchezza addosso, cominciammo la traversata. Con i kit bagnati e il solo orizzonte del Nord atlantico davanti e dietro di noi, affrontammo un vero esame di resistenza. E anche se il nostro obiettivo si faceva sempre più prossimo, iniziammo a ca- Sopra, a sinistra: la via dalla Groenlandia alla Scozia prevede più di 1.200 miglia in mare. A destra: la Land Rover che ha trasportato il kit e il kayak del team. pire che avevamo sottovalutato la stanchezza e la monotonia del nostro progetto: pagaiare per ore fino allo sfinimento. Eppure non ci è venuto mai in mente di rinunciare. Quando sei in kayak in mare aperto, a migliaia di miglia dalla terra ferma, hai solo una possibilità: continuare a remare, costi quel che costi; e “rema o sei finito” divenne il nostro mantra. E così andammo avanti. Dopo 65 ore nelle acque aperte, di cui solo tre passate a dormire, venimmo forzati di nuovo a seguire il corso della natura, e dovemmo affrontare l’amara decisione di non procedere verso casa, ma di fare una deviazione verso North Rona, un’isola piccolissima a poche miglia dalla costa scozzese. Ancora una volta, il destino sembrava sbatterci la porta in faccia: non era ancora arrivato il momento di arrivare a destinazione. Affaticati e incrostati di sale, arrivammo finalmente a North Rona, quasi quattro secoli dopo l’arrivo dei Finmen originali in Scozia, che sorprese gli abitanti del posto e creò un mito che vive ancora oggi. Dopo un ultimo sforzo, saremmo finalmente arrivati a casa, al sicuro, e arricchiti di un’esperienza incredibile… anche se non avremmo voluto vedere una canoa per un bel po’! Entrare nel kayak la prima volta è stata di per sé una sfida, ma non certo la maggiore. Ritornare nello stesso kayak giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, con lo stesso equipaggiamento bagnato, e spesso in pessime condizioni: tutto questo ci ha fatto davvero capire quanto difficile fosse stato quel viaggio, e perché nessun altro avesse provato a ripeterlo dopo che i primi membri della tribù Inuit arrivarono in Scozia. E ciò nonostante, ogni remata e ogni notte all’addiaccio sono state perfettamente giustificate. Da avventuriero, sono queste spedizioni ad attrarmi: le avventure di pionieri che nessuno ha provato a compiere o ha compiuto prima. Di certo è per questo che siamo qui: per spingerci a scoprire il nostro pianeta e per esplorare cosa c’è oltre i limiti. 19